Ciao, amici e grazie per avermi letto così numerosi.

C’è un detto che mi piace moltissimo e che sentii pronunciare da un amico tempo fa e feci subito mio: ”Qgni impedimento è giovamento” e così ho voluto approfittare di questo periodo di vita casalinga con ritmi più tranquilli per soddisfare alcune curiosità che spero interessino anche voi.

Perché sebbene si dica che la curiosità sia femmina, quella spicciola fatta di pettegolezzi e gossip, in me non trova affatto terreno fertile. Sono invece attratta dalla voglia di conoscere l’origine delle cose e approfondire aspetti su usi e costumi di un tempo che seppur frivoli esercitano su di me grande fascino.

Ciò detto, che mi piaccia il cappello ormai vi è noto, ma voi lo sapete quando il cappello fece la sua prima apparizione e a quando risale la sua funzione per così dire, “ornamentale”?

Se la sua funzione primaria era infatti quella di proteggere la testa dal freddo, per il gentil sesso doveva soprattutto riparare la chioma da sguardi altrui, già da allora considerata un elemento di grande seduzione e attrattiva maschile. Fin dalla notte dei tempi le donne usavano infatti raccogliere i capelli in veli, retine e stoffe.
Ma se dobbiamo eleggere una data fu proprio intorno alla metà del Quattrocento che Carlo VIII in visita a Roma indossò per la prima volta il cappello in feltro e dotato di larga falda.

E che dire del cappellino femminile? Questo vezzo prende spunto dalle impalcature che le dame medievali usavano per reggere cuffie e veli.

Cecilia Benetti - Blog

Dovremo però aspettare il Settecento per vedere l’affermazione del cappello come capo protagonista e che venne reso famoso da Luigi XV inserendolo nella versione a “tricorno” addirittura come divisa dell’esercito.

È nel Settecento, infatti, che si assiste al vero e proprio trionfo del cappello dalle fogge più svariate le cui tese però dovevano necessariamente riparare l’incarnato dal sole, che non diventasse “malsano”, mentre nastri e tessuti coprire la parte posteriore del collo, considerata zona assolutamente troppo erotica per essere esibita.

Il Settecento è epoca di follia e stravaganza: e così via libera a alla fantasia.

Nastri, fiori, fiocchi e persino uccelli imbalsamati si intrecciavano nelle creazioni più originali.

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Ma è nel più tollerante Ottocento che si permette di ridurre le dimensioni di cuffie e cappelli concedendo l’azzardo di lasciare visibile alla vista altrui il collo femminile e di esibire acconciature sempre più alla moda e un pochino ose’.

Intorno alla metà dell’Ottocento tutte le signore possiedono un cappellino.

Le misure si riducono, e il cappello diventa a pieno titolo un vezzo prezioso che diventa sempre più un ornamento. Chi non ricorda il dono che fece Rhett a Rossella nel celebre “Via Col Vento” al termine del lutto? E il modello “Fanchon” ad andare per la maggiore dove nastri, sete e pizzi si intrecciano in svariate composizioni.

Per le uscite in campagna il cappello di paglia a larga falda e nastri è un amatissimo “must have” dell’epoca.

Ed è proprio da qui che la moda femminile si scatena: la fantasia dei cappelli si libera sia nei modelli che nelle fogge che si moltiplicano, così come le decorazioni e gli stili.

Cappellini da giorno, cappellini da sera, ma anche cappellini per ogni occasione in lino, cotone, seta, feltro, lana, piume, raso e pizzi dal tè pomeridiano all’uscita in barca, dalla serata danzante alla funzione religiosa.

E cosa dire riguardo alla veletta?

Inizialmente il velo aveva una valenza di lutto.

Oltre a tingere, insieme a tutto il guardaroba, i cappellini di nero, ci sono modelli più indicati, specie quelli che presentano una veletta. Le signore più serie copriranno il volto con veli neri impenetrabili alla vista.

Ma se in epoca vittoriana anche durante il lutto si deve portare il cappello, per l’appunto con veletta, al contrario nella Belle Epoque il velo evoca mistero e ha un gran potere di seduzione.

Durante la Belle Epoque la veletta si diffonde prima tra le donne europee e americane poi, come raffigurano i quadri che le ritraggono di Lautrec, Renoir, Boldini, De Nittis e addirittura del grande Manet.

Il cappellino ai primi del XIX secolo torna a proporre il velo, questa volta per creare una barriera seduttiva fra il volto femminile e il mondo esterno: veli che non vogliono coprire, ma solo dare più dignità, fascino e mistero.

Durante la Belle Epoque la veletta si diffonde prima tra le donne europee e americane poi, come raffigurano i quadri che le ritraggono di Lautrec, Renoir, Boldini, De Nittis e addirittura del grande Manet.

Il cappellino ai primi del XIX secolo torna a proporre il velo, questa volta per creare una barriera seduttiva fra il volto femminile e il mondo esterno: veli che non vogliono coprire, ma solo dare più dignità, fascino e mistero.

Negli anni Quaranta e Cinquanta la veletta diventa elemento irrinunciabile per le eleganti signore dell’alta società.

Ma chi se non lei, la regina incontrastata dello stile, Gabrielle Bonheur Chanel, che tutti conosciamo come Coco Chanel può suggellare il legame d’amore tra la Maison e i cappelli? Per i cappelli Coco aveva una vera e propria passione, destinata a diventare simbolo di eleganza.

Per Gabrielle è stato dapprima un esperimento per provocare e sperimentare rubandolo al guardaroba maschile. Quattro in particolare sono i modelli in cui si concentrò Coco e sono gli stessi che permangono tuttora nelle sue preziose collezioni: La Paglietta, Il Basco, Il Fedora, e la Veletta.

Ma soffermiamoci sulla veletta. Il primo copricapo con veletta, nella storia di Chanel appare proprio indossato da Coco nel ritratto di Cecil Beaton.

Era il 1936, quando nella splendida cornice del Ritz di Parigi, Madamoiselle Coco indossava uno dei suoi lunghi iconici abiti in pizzo e un copricapo con veletta impreziosito da piccoli fiori.

La celebre stilista negli anni ha sempre più allontanato la veletta dal suo ruolo originale, facendolo diventare a pieno titolo un accessorio da giorno.
Dobbiamo tutte moltissimo a Mademoiselle Coco, che saremmo noi donne se non fosse mai nata?

E’ grazie a Coco che ha regalato a tutte noi un nuovo modo di essere, di vederci e di esprimerci ed a lei che dobbiamo l’insostituibile nero, liberando il colore “non colore” dalla simbologia del lutto!

Ed è ancora grazie a Gabrielle che con la sua grandissima personalità, pionieristica e all’avanguardia che oggi abbiamo i pantaloni, …come potremmo oggi immaginarci senza?

Ma le sue regole, a 50 anni dalla sua scomparsa, rimarranno immortali e intramontabili, non solo per lo stile, ma anche per la bellezza.
Come non ricordare la sua celebre citazione, diventata un beauty must:

Se sei triste, se sei delusa per amore, truccati, concediti un po’ di cure di bellezza, metti il rossetto e attacca!

Coco credeva nell’importanza di dare un’impressione duratura e che definisse un’anima. L’essenza del suo pensiero lo dimostra la sua celebre fragranza Chanel n 5, creato perché non fosse “un profumo da donna, ma un profumo di una donna!”

Ma il messaggio, a mio avviso più importante, per cui ringrazio Coco è che “per essere insostituibile, devi essere diverso!”

Difficile parlare di stile dopo aver citato la leggendaria Coco, ma poiché amo l’unicità e l’originalità ho deciso di introdurre nella linea Baisesmamain…, un cappellino da portare tutti i giorni in modo disinvolto, per scaldarci nelle fredde giornate invernali e per darci un tocco bon ton sia di giorno che di sera.
Tutte le mie creazioni hanno un nome e anche questa non fa differenza.

L’ho battezzato per l’appunto “VOILÀ ”, per evocare la veletta, che ordino espressamente a Londra o negli Stati Uniti. E’ un piccolo vezzo: un cappellino realizzato a sei fili in puro cachemire della migliore qualità e che propongo in cinque tonalità Ivory White, Beige, Pastel Pink, Grey e Black.

Il grintoso e soffice pompon artigianale in lana vergine è fatto con le mie mani e si sposa perfettamente al delicato velo, applicato minuziosamente in modo artigianale, regalando un’aurea di mistero e un delicato tocco bon ton.

Personalmente li adoro e li ho di tutti i colori che amo indossare sia di giorno, in jeans o in una giornata sulla neve, che la sera sopra ad un tubino nero…. Lo trovo tres chic e divertente!

Come per tutte le cose che creo amo pensare a tutti particolari, sia nel prodotto che nel packaging, nulla deve essere lasciato al caso.
Lo stile ha bisogno anche di praticità. Una custodia in raso nero infatti custodirà il vostro VOILÀ , pensata appunto se dovrete riporlo in borsa e proteggere la veletta dai dentini della lampo della vostra borsa.

Ma il cappellino, poteva non avere un guantino abbinato?

E così a VOILÀ si abbina TOUCHÈ, un raffinato manicotto proposto nelle stesse tonalità del cappellino, che lascia intravedere la mano attraverso un gioco di veletta e puro cachemire per donare allure alla nostra gestualità con un” tocco“, per l’appunto, di eleganza e originalità.

In un mondo dove la moda sembra dettata dalle innumerevoli fashion blogger, di cui personalmente condivido poco se non addirittura niente assistendo spesso ad abbinamenti improponibili, preferisco di gran lunga ascoltare gli insegnamenti del Mito indiscusso dell’Eleganza che non deve essere gridata, ma sussurrata ,…..poiché “ la moda passa, lo stile resta!”

“Molti pensano che il lusso sia l’opposto della povertà. Non lo è. E’ l’opposto della volgarità. Amo il lusso, esso giace nell’assenza della volgarità. La volgarità è la più brutta parola della nostra lingua. Rimango in gioco per combatterla”.

Grazie Madamoiselle Coco!